Se l’anarchia fosse una tecnica di management, il Sole 24 ore sarebbe Google, più Mckinsey, più la Apple, o anche meglio. Da qualunque parte la si guardi l’ultima parte della vita della casa editrice è una sequela ininterrotta di fallimenti. Il quotidiano capace di far crollare (sempre più di rado) le quotazioni di un’azienda o di un amministratore delegato con un articolo si è presentata al giudizio del mercato in uno dei suoi momenti peggiori: quotata a fine dal 2007 a 5,7 euro ora ne vale 1,3. Peggio della recessione, peggio del calo della pubblicità, peggio della fine sempre più imminente dei vecchi medium della carta stampata: il Sole sta autodistruggendo il più solido modello dell’editoria nazionale. La forza del quotidiano salmone era studiata nelle università per la sua diversità rispetto ai suoi concorrenti nazionali e internazionali. Nel 2002 il Sole diffondeva più copie del Financial Times (oltre 400 mila), quasi 200 mila abbonati assicuravano margini altissimi grazie al taglio delle rese e dei costi di distribuzione. La presenza capillare negli studi professionali nazionali e in tutti gli uffici della pubblica amministrazione lo rendeva un veicolo ideale per una pubblicità mirata che la stessa casa editrice usava per piazzare prodotti collaterali, bollettini e supplementi. Per primo il Sole ha iniziato a piazzare software a quegli stessi clienti e a far pagare le sue banche dati. Succedeva dieci anni fa.
Obituary: Sandra Mondaini
Cinque mesi dopo il marito è morta a 79 anni Sandra Mondaini