Ancora adesso che siamo già in autunno, mi trovo di frequente a leggere articoli intitolati “Testato iPad per un giorno intero solo con quello” oppure “Una settimana a usare solo l’iPad”.
Sono ormai 5 mesi che, al di là della routine dell’ufficio dove comunque per tutto quello che non ha a vedere con ERP e database castigati dalla sicurezza filo-Microsoft, per le attività che chiamerò “autore” (o di authoring, per “cissarmi” un po’), non uso altro che il mio impagabile iPad.
…
In questo campo eccelle più che ogni altro settore. Se l’iPhone è il prêt-à-porter per tutto quello che è di rapido consumo e l’iPod Touch è l’oggetto di riferimento per i giovani tra giochi, musica, filmati, social network e… vabbè, diciamo questa parola, “scuola”, iPad, nonostante faccia anche giocare, ascoltare la musica, vedere i film molto bene e sia l’ideale per gli studenti un po’ più lavorativi come certi universitari e rari liceali, dà il massimo di sé nel cosiddetto business. A me questa parola piace poco, ben sapendo che spesso quel che chiamiamo così sono attività coatte e ripetitive, come buttare dati in tabelle o piattaforme appiattenti da manovalanza periferica acefala al servizio dei sistemi informativi.
Preferisco parlare di authoring, in quanto non solo il giornalista, lo scrittore o l’artista possono definirsi “autori”, ma come loro chiunque svolga un’attività professionale dotata di una qualche originalità (non-ripetitiva o terminale-dipendente). Per tutti costoro iPad è il companion perfetto. Per molti di loro, come il sottoscritto, è il desktop ancor più che il laptop (o notebook) ad essere il companion dell’iPad. Un ritorno in auge del dimenticato desktop, ma anche la scoperta di oggetti come il Mac Mini usato da server e NAS e, a questo proposito, anche del Time Capsule. iPad, a capo di tutti gli iDevices, apre le porte a sistemi interconnessi di rete (aziendale, domestica, geografica…) su tutta la quale domina sempre più incontrastata l’emergente nozione ancora “understand-in-progress” di Cloud Network.