Anche negli Stati Uniti l’ottimismo è stato profuso a piene mani, ma a meno che non si creda che la 500 possa salvare Chrysler l’analisi più esatta sull’avventura americana è uscita dalla penna di Alessandro Penati, firma economica di Repubblica, sempre in contrasto con i cronisti torinesi del quotidiano diretto da Ezio Mauro, il quale ha spiegato come Marchionne è convinto di poter realizzare a Detroit utili simili o addirittura superiori a quelli segnati da Bmw nei suoi tempi migliori. Impossibile.
Anche la caccia alla Fiom pare difficile da interpretare come la mossa vincente del Lingotto a meno che non sia un’operazione di maquillage costruita ad arte per far credere a qualcuno particolarmente sensibile al tema della pace sociale che si è fatta “pulizia sindacale” negli stabilimenti italiani. Inutile allora non accorgersi che durezza nei confronti dei sindacati e delle regole vigenti sul mercato del lavoro italiano al punto da minacciare rotture anche in Confindustria e lo scorporo della divisione auto insieme alla distribuzione di grandi dosi di ottimismo e annunci di investimenti miliardari altro non sono che richiami per un possibile acquirente. Il nome? Tra gli addetti ai lavori lo sussurrano proprio tutti ed è quello dei tedeschi della Volkswagen, che sono usciti a testa alta dalla crisi, sono fortissimi nei mercati che tirano come la Cina e guardano alle auto Fiat come ad un ulteriore mossa per diventare il numero uno dell’automotive mondiale. Dopo aver strappato al Lingotto i migliori designer, manager di talento e comprato l’Italdesign di Giorgetto Giugiaro adesso la casa germanica punta all’intero pacchetto dell’auto made in Italy.