Niente di più sbagliato e niente di più deleterio, soprattutto in paesi come l’Italia, da sempre abituati a guardare con sospetto al nuovo che avanza. E questo mentre di tutto si avrebbe bisogno tranne che del mettere i bastoni tra le ruote allo sviluppo di quei canali e processi informativi che nel futuro prossimo determineranno il nostro destino. Perché non vi sono dubbi che nel tempo che verrà, l’equazione informazione=potere (in senso lato e anche in senso molto pragmatico) raggiungerà la sua pienezza. Again, no doubt about it!
Il problema, a mio avviso, è dato dal fatto che i giornalisti dovrebbero continuare a fare i giornalisti, mentre la definizione di una carta d’identità per queste nuove opportunità professionali legate a doppio spago alle problematiche poste dalla scrittura digitale, dovrebbe spettare a dei tecnici qualificati (giornalisti o meno) aventi competenze specifiche. Una simile impostazione permetterebbe infatti di giungere velocemente ad una definizione delle regole (editoriali, ma anche deontologiche) che dovrebbero governare la professione del giornalista digitale contribuendo a darle la dignità di cui è privata al momento. E a darle finanche rappresentanza nei luoghi dove dovrebbe essere rappresentata e dove i giornalisti digitali dovrebbero essere rappresentati.
Ma non solo. Così facendo si permetterebbe anche a dei veri professionisti, di tornare a fare il proprio lavoro e si eviterebbe il primo grosso misunderstanding, e cioè l’idea che per essere giornalista digitale non occorra essere “giornalista”. Questa è, a mio modo di vedere, una posizione infausta: non basta scrivere in Rete per essere un giornalista digitale, alla stessa maniera in cui non dovrebbe bastare un esamino di Stato per diventare un giornalista tradizionale. Senza considerare che le opinioni e i commenti sono una cosa, la possibilità di informare il cittadino in maniera competente è un’altra. Da qui la necessità della creazione di regole che portino finanche ad una identificazione di un processo formativo compatibile con le necessità del giornalista digitale (che, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono diverse da quelle del giornalista tradizionale, per ovvie ragioni!).
Riprendendo il giornalista a fare il suo mestiere anche in Rete, sarà sicuramente la volta buona in cui la ricerca della notizia, quella originale e non scopiazzata da questo o quel sito più informato, tornerà ad essere il suo compito primo e imprescindibile. Le famose domande Who? What? When? Where? Why? acquisteranno un senso nuovo, ma accresciuto dalle straordinarie possibilità che offre l’interazione online. Il fare-notizia del futuro somiglierà infatti, per forza delle capacità tecniche che la sosterranno, all’abitare una dimensione brand-new e portentosa di cui oggidì possiamo forse solamente intuirne le immense potenzialità. Nulla più.