Per questo il mio dubbio, dopo l’articolo di Giannini, è pesante. Leggendo ho appreso che non si tratta più di accettare una proprietà che può piacere oppure no ma che non ha nulla a che fare con le scelte editoriali, cioè con l’azienda nella sua essenza. Stavolta è la Mondadori in quanto tale a essere coinvolta, non solo il suo proprietario per i soliti motivi che non hanno nulla a che fare con l’editoria libraria. Quindi stavolta come autore non posso più dire a me stesso che l’editrice in quanto tale non c’entra nulla con gli affari politici e giudiziari del suo proprietario, perché ora l’editrice c’entra, eccome se c’entra, se è vero che di 350 milioni dovuti al fisco ne viene a pagare solo 8,6 dopo quasi vent’anni, e senza neppure un euro di interesse per il ritardo, interessi che invece a un normale cittadino nessuno defalca se non paga nei tempi dovuti il bollo auto, il canone tv o uno degli altri bollettini a tutti noti.
Eccomi quindi qui con la coscienza in tempesta: da un lato il poter far parte di un programma editoriale di prima qualità venendo anche ben retribuito, dall’altro il non voler avere nulla a che fare con chi speculerebbe sugli appoggi politici di cui gode. Da un lato un debito di riconoscenza per l’editrice che ha avuto fiducia in me quando ero sconosciuto, dall’altro il dovere civico di contrastare un’inedita legge ad aziendam che si sommerebbe alle 36 leggi ad personam già confezionate per l’attuale primo ministro (riprendo il numero delle leggi dall’articolo di Giannini e mi scuso per il latino ipermaccheronico “ad aziendam”, ma ho preso atto che oggi si dice così). A tutto questo si aggiunge lo stupore per il fatto che il Corriere della Sera, gruppo Rizzoli principale concorrente Mondadori, finora abbia dedicato una notizia di poche righe alla questione: come mai?
Nella mia incertezza ho deciso di scrivere questo articolo. Spero infatti che a seguito di esso qualcuno tra i dirigenti della Mondadori possa spiegare pubblicamente cosa c’è che non va nell’articolo di Giannini, perché e in che cosa esagera e non corrisponde a verità. Io sarei il primo a gioirne. Spero inoltre che anche altri autori Mondadori che scrivono su questo giornale possano dire come la pensano e cosa rispondono alla loro coscienza. Sto parlando di firme come Corrado Augias, Pietro Citati, Federico Rampini, Roberto Saviano, Nadia Fusini, Piergiorgio Odifreddi, Michela Marzano… Se poi allarghiamo il tiro alle editrici controllate interamente dalla Mondadori (il che, in questo caso, mi pare oggettivamente doveroso) arriviamo all’Einaudi e a nomi come Eugenio Scalfari, Gustavo Zagrebelsky, Adriano Prosperi… Sono tutte personalità di grande spessore e per questo sarei loro riconoscente se contribuissero a risolvere qualcuno dei dubbi sollevati da questa inedita legge ad aziendam nella coscienza di un autore del Gruppo Mondadori.
1 commento su “Ragionando sulle leggi ad aziendam”
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ma che sta succedendo,non se ne puoìò più:cosa vuole fare di questo paese ed il parlamento che fa la maggioranza sono tutti venduti o prigionieri;e l'opposizine che faceva il giorno di presentazione del decreto legge ed il presidente della repubblica ilgiorno di entratta in vigore della leggeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! un imptrenditore
gaetanocapeto