Forse non avranno la fortuna di Ascanio Sobrero, il genio inventore della nitroglicerina, cui Alfred Nobel – una volta diventato ricco grazie alla dinamite – riconobbe una pensione vitalizia per ringraziamento. Magari non verranno ricordati nei secoli come Galileo Ferraris che, dopo aver scoperto il campo magnetico, ideò il motore elettrico a corrente alternata. E – per loro fortuna – non porteranno addosso il fardello del generale Giovanni Cavalli che, ideando la canna rigata, contribuì allo sfondamento delle mura della Roma papale nel 1870 e creò il progenitore del missile. Però, nel loro piccolo, possono essere considerati gli eredi di questa illustre stirpe: inventori cresciuti e sbocciati sotto la Mole.
Sono tanti, instancabili faticatori. S’ingegnano, studiano, provano. E, alla fine, brevettano, mettono un sigillo per proteggere quel che il loro intuito ha creato. Una città d’inventori: questa è Torino, anno 2010, per l’Ufficio italiano brevetti e marchi. Seconda solo a Milano, quanto ad Archimede del terzo millennio.
Un’invenzione su dieci depositata l’anno scorso in Italia è partita da qui. In tutto 1062, quasi tre al giorno. Potrebbe bastare così, invece la lista è ancora lunga: ci sono 4.015 marchi, 42 depositi di disegni (oggetti di design), e 198 modelli di utilità. Totale: 5.317, quasi tutti partoriti da gruppi, aziende o società private, anche se non mancano gli enti pubblici, soprattutto Università e Politecnico, che da sole danno vita a quasi l’80 per cento delle creazioni.Com’è che Torino è diventata la città delle invenzioni? C’è un segreto? Forse sì, ma senza scomodare mirabolanti ipotesi basta fermarsi ai dettagli pratici, che poi spesso fanno la differenza: siamo la prima città in Italia ad aver aperto uno Sportello per la tutela della proprietà industriale. Nel 2009 l’ufficio – che fa parte della Camera di Commercio – ha gestito a titolo gratuito oltre 235 richieste.
1 commento su “Torino: città di inventori”
I commenti sono chiusi.