Irremovibile l’ingegner Francesco Chiaro nel pretendere il cinque per cento. Forte del fatto di poter fare “cosa c… o voleva”, come ha detto, senza tanti giri di parole, a Federica Tedino, rappresentante legale dell’omonima ditta che chiedeva spiegazioni sulla decisione di affidare ad un’unica impresa la manutenzione di tutte le autoclavi, comprese quelle fornite dalla sua azienda.
È raccolta in venticinque pagine di ordinanza la trama di quello che il giudice non esita a definire un “disegno criminoso” messo in atto da Francesco Chiaro e Carlalberto Massia “con più azioni esecutive”. E, per capire di che tipo fossero le “azioni esecutive” dei due piccoli tiranni dell’ufficio tecnico delle Molinette, basta scorrere gli interrogatori di Silvano Bonani, amministratore unico della Gruppo Sae srl, e di Cristiano Mangolini, dirigente della parte impiantistica della stessa azienda, dapprima sentiti dalla Finanza come testi e poi indagati.
Il 13 novembre 2009 Silvano Bonani racconta agli investigatori: “Ho avuto richieste di denaro da parte del perito Masia, dipendente delle Molinette, nonché responsabile della manutenzione impianti elettrici, il quale dopo che noi abbiamo vinto per il lotto 3 la gara di appalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria presso l’ospedale Molinette nell’anno 2006, mi disse che Chiaro si aspettava il 5 per cento. Per poter lavorare e per poter essere pagati in tempi ragionevoli dovevamo per forza accettare la loro richiesta”. A Masia spetta d’altronde il lavoro sporco. Quando Bonani si lamenta del fatto che, pur avendo vinto l’appalto, la sua impresa non ha ancora avuto incarichi e a sorpresa gli arriva un lavoro per 150 mila euro che nulla a che fare con la sua specializzazione, è Masia a spiegare il mistero: “Gli chiesi perché mai fino a quel momento non lavoravamo – ricorda Bonani – e mi fu detto da lui che si poteva lavorare di più, sempre a fronte di un cinque per cento che sarebbe andato all’ingegner Chiaro”.
Le buste di soldi passavano di mano al bar, in auto, o in posti più curiosi. Spiega ancora Bonani: “Consegnavo il denaro a Masia in contanti dentro delle buste di colore arancione o bianco per un totale di 52 mila euro in varie tranches dal 2007 al novembre 2008. Davo il denaro al bar davanti all’ufficio tecnico, oppure in auto, oppure dentro le cabine elettriche delle Molinette…”. Da quel momento nessuno controllava più il lavoro della ditta che aveva pagato. “Sicuramente da quando pagavo non ho mai subito un controllo, una contestazione o una penalità – sottolinea Bonani – Intendo dire che Mangolini mi riferiva che, in accordo con Masia e Chiaro, se per esempio invece di mettere un tubo da 40 metri ne mettevo una da 30, nessuno controllava. Mentre io richiedevo il pagamento per il tubo da 40 con il placet dell’ufficio tecnico nonostante ne avessi messo uno da 30…”.
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