l’Asia meridionale ha degli squilibri enormi. Da una parte, dal 1980 ad oggi – quindi facendo una media con gli anni prima della liberalizzazione in India degli anni Novanta, che ha segnato l’inizio del boom economico – ha visto una crescita del PIL del 6% medio annuo.
Dall’altra questo enorme sviluppo e l’innovazione che ne consegue, come dicevo, ha toccato quasi esclusivamente le classi urbane e certi ceti sociali, quindi una piccola percentuale del pianeta India e dell’Asia meridionale.
Gli analisti della World Bank si sono anche accorti che questa parte del mondo è sede di conflitti – i Naxaliti indiani, i maoisti e gli ex maoisti nepalesi, per non parlare della situazione politica in Pakistan e Afghanistan -, e che lo sviluppo a doppia velocità e i conflitti regionali impediscono una vera integrazione della regione nella politica e nell’economia internazionale.
Come a dire: ci sono i ricchi e una classe media, se pure urbana, mentre i poveri di quella regione, specie nelle campagne, sono esclusi completamente dal flusso della storia e della vita, sono bloccati, non hanno neanche le risorse per emigrare.