In questi giorni in cui si rivedono i sintomi di una corruzione pubblica e in cui la crisi permette a manager senza scrupoli e senza controlli di prendere atteggiamenti e provvedimenti al di fuori delle leggi varrebbe la pena di rispolverare uno strumento legale che ha ottenuto buoni risultati nei paesi anglosassoni: il whistleblowing
Il whistleblower (soffiatore nel fischietto) è il lavoratore che, durante l’attività all’interno di un’azienda, rileva una possibile frode, un pericolo, una irregolarità che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la reputazione dell’impresa o ente pubblico o fondazione; per questo decide di segnalarla alle autorità competenti.
Il whistleblowing è uno strumento legale collaudato con modalità diverse, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, per informare tempestivamente eventuali tipologie di rischio: pericoli sul luogo di lavoro, frodi all`interno, ai danni o ad opera dell’organizzazione, danni ambientali, false comunicazioni sociali, negligenze mediche, illecite operazioni finanziarie, minacce alla salute, casi di corruzione o concussione e molti altri ancora.
Indipendentemente dalla gravità o meno del fenomeno riscontrato, molto spesso i dipendenti non danno voce ai propri dubbi per paura di ritorsioni e non addirittura del licenziamento. Una legge seria per l’istituto del whistleblowing offrirebbe anche in Italia una tutela legale per i lavoratori che denunciano le irregolarità nel caso questi subiscano una ritorsione da parte del denunciato.