Ora io ritengo molto seria e degna di attenzione questa stringa di eventi. Perché di tutte le cose che si son dette dello iPad, quelle giuste sono nella considerazione che senza contenuti il “super iPhone” è come un treno senza passeggeri. E l’operazione è piuttosto semplice da intravvedere: rendere l’iPad il veicolo di un nuovo modo di distribuire contenuti, ripetendo con l’informazione (e altre aree dell’intrattenimento) il successo dell’iPhone con la musica.
Convergono con la giustezza del ragionamento anche le considerazioni che qualche giorno fa ha fatto Hal Varian, chief economist di Google e da sempre studioso dell’economia del contenuto, a proposito di cosa funziona e cosa no nel modello dei giornali a pagamento. Funzionano, dice l’autore di Information Rules, i dispositivi dedicati, che racchiudono e custodiscono il valore dentro un dispositivo. Non funzionano i “pay wall”, traduciamolo con “pacchetti a pagamento”, ma nell’accezione americana è qualcosa di più ed ha a che fare col “tassametro” cui pensa il NYT. Sono troppo aggirabili e non danno niente in più rispetto al web ormai consolidato.
C’è una sola considerazione che mi sento di fare al margine delle cose. A parte che ha ragione Varian ma che al suo discorso va aggiunto che i dispositivi possono funzionare perché non si paga per unità di contenuto ma per l’esperienza e l’utilità generale che se ne trae: portabilità dell’informazione, sua accumulabilità in un solo dispositivo (la mazzetta o la propria selezione personale dei giornali dentro un solo “coso” e per giunta navigabile). Potrebbe funzionare, se “esperienza” e non “unità di contenuto” è la parola chiave (per il semplice motivo che si paga per qualcosa che non si puo’ ottenere altrimenti).
Ecco a parte questo, mi sento solo di ricordare che iPhone ha arricchito i conti di Apple, ma non ha risolto la crisi dei produttori di musica, che però sono un caso particolare di resistenza al cambiamento – perfino gli editori sono più innovativi di loro….