Le società quotate dovranno rendere pubblici i compensi corrisposti ai propri manager «a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma». È quanto prevede un emendamento alla Legge Comunitaria all’esame al Senato. La disposizione è già prevista nel codice di autodisciplina delle società quotate, adottato però per ora solo su base volontaria. Con questo emendamento, la trasparenza sugli stipendi dei manager diventerebbe così totale e obbligatoria.
L’articolo che l’esecutivo intende aggiungere alla Legge Comunitaria prevede una delega al governo per l’emanazione, entro sei mesi dalla legge stessa, di un decreto legislativo per l’attuazione di due raccomandazioni espresse dalla Commissione Europea. In particolare, il decreto in questione prevede che «le società quotate – recita il testo – rendano pubblica una relazione sulle remunerazioni che illustri in apposita sezione la propria politica in materia di remunerazione dei componenti dell’organo di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche per l’esercizio finanziario successivo».
Allo stesso tempo, «anche al fine di assicurare la trasparenza dell’attuazione della politica di remunerazione», il decreto dovrà prevedere che «la relazione sulla remunerazione illustri in apposita sezione i compensi corrisposti nell’esercizio di riferimento a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche».
Dovranno, insomma, essere comunicati pubblicamente non solo gli stipendi dei top manager, ma anche «la politica in materia di remunerazione», ovvero il modo in cui si arriva a costruire lo stipendio annuo di un amministratore delegato o un presidente: in altre parole qual’è la parte fissa e quale variabile, come viene calcolata e a quali parametri viene indicizzata quella variabile (ad esempio le stock option), e se tali parametri sono a breve o lungo termine. Non solo, cresce anche il peso dei soci nel processo decisionale: spetterà infatti all’assemblea degli azionisti l’ultima parola «nell’approvazione della politica di remunerazione».