L’ateneo torinese ha scelto di affidarsi a sei pilastri della ricerca tecnologica europea e mondiale, a cominciare dal Mit, il Massachusetts Institute of Technology, considerata la seconda migliore università al mondo. Tutte le altre saranno europee, perché l’America avrà sì un ruolo guida nella ricerca e nella didattica mondiale, ma ha strutture, dimensioni, finanziamenti non paragonabili, e avrebbe poco senso trasformare il Politecnico in una copia in miniatura di un college americano. Ecco perché gli altri cinque atenei sono tutti europei: la Technische Universität di Monaco di Baviera (Germania), l’Inp di Grenoble (Francia), l’Epfl di Losanna (Svizzera), la Chalmers University of Technology di Göteborg (Svezia) e l’Imperial College di Londra.
Sei atenei con caratteristiche molto simili al Politecnico, almeno sul fronte dei settori di attività e ricerca. «Come accade in tante università estere abbiamo voluto dotarci di questo strumento di consulenza», racconta Profumo. I docenti saranno l’ombra del Senato accademico ed esprimeranno valutazioni – ovviamente non vincolanti – sulle scelte strategiche da compiere: individuare i settori strategici su cui investire per la ricerca; essere più competitivi nell’intercettare i grandi programmi internazionali sulla ricerca; avviare il processo di revisione del modello di governo dell’ateneo; completare la riorganizzazione dell’attività didattica e dei dipartimenti attualmente in corso.
«Cercheremo di portare a Torino le esperienze delle migliori università tecniche al mondo e farne tesoro, adattandole alla nostra realtà e alle nostre esigenze», spiegano Profumo e Gilli. I “saggi” si riuniranno a Torino tre o quattro volte l’anno, ma si confronteranno anche a distanza – in video conferenza ad esempio – ogni volta che sarà necessario. «Dobbiamo aprirci al mondo, costruire reti di rapporti stabili con i grandi atenei tecnici. Alcuni sono più avanti di noi su certi versanti. Ci servirà per migliorare».