Una analisi di Aldo Grasso sulla situazione del mercato televisivo italiano
C’è molta agitazione nell’etere. Di solito, l’estate rappresenta un momento di calma per le tv: riciclano il magazzino, ripropongono per l’ennesima volta «La signora in giallo», si collegano con qualche località turistica disposta ad accollarsi le spese di realizzazione. Quest’anno invece si respira il nervosismo tipico delle grandi trasformazioni: la posta in gioco è molto alta perché il ruolo della tv, legandosi sempre più indissolubilmente agli altri media (Internet, telefonia fissa e mobile…), resta centrale nel panorama mediatico. È intervenuto persino il capo dello Stato per chiedere spiegazioni sullo scioglimento della convenzione tra Rai e Sky.
Com’è noto, Viale Mazzini non ha più rinnovato il contratto che le permetteva di fornire alla tv satellitare le sue reti generaliste, più altri canali «extra ». Per ora è ancora possibile vedere Raiuno, Raidue e Raitre ma da qualche giorno molti programmi sono criptati (la partita Inter-Lazio ma anche vecchi telefilm): un preciso segnale (anzi, una mancanza di segnale) di sgarbo, se non di provocazione.