Massimiano Bucchi racconta la storia del walkman
Si dice che una volta rischiò una multa dalla polizia di New York, il fondatore della Sony Akio Morita, per aver attraversato la strada distrattamente, preso com’era dall’ascolto del suo walkman. Lanciato sul mercato nell’estate di trent’anni fa, il walkman era stato fortemente voluto da Morita contro il parere di gran parte dei suoi collaboratori. Il mercato della registrazione audio era andato sino ad allora verso una crescente fedeltà e qualità sonora, gli obiettavano; perché il consumatore avrebbe dovuto interessarsi a un registratore portatile, e che per di più si poteva ascoltare solo in cuffia? Morita rispose che si sarebbe dimesso dalla presidenza se non ne fossero stati venduti almeno centomila esemplari, e vinse di gran lunga la scommessa: le vendite superarono rapidamente il milione nonostante il prezzo non irrisorio (30.000 yen, 90 dollari negli USA, molto più di un iPod oggi per il costo della vita di allora).
Il successo del walkman ci ricorda che le grandi innovazioni non necessariamente mettono in campo la tecnologia più nuova e sofisticata. A contraddistinguerle, non di rado, è la loro capacità di interpretare (e accelerare) le grandi trasformazioni del costume e della società. Una nuova generazione urbana era pronta a rinunciare all’alta fedeltà nella registrazione, in cambio della possibilità di portarsi dietro la propria personale colonna sonora durante la giornata, negli spostamenti o in ambienti affollati e rumorosi. Fu una rivoluzione nel rapporto con la musica di cui avvertiamo ancora l’eco. Concettualmente parlando, l’iPod non è che una appendice trendy del walkman. O meglio, parafrasando una storica definizione del socialismo (‘i soviet più l’elettricità’) l’iPod non è che ‘il walkman più il computer’; il secondo ingrediente, quest’ultimo, della miscela che ha fatto deflagrare (in tutti i sensi) il rapporto tra nuove generazioni e musica. Ma fu già con il walkman che la musica pop divenne flusso sonoro di accompagnamento delle attività quotidiane, dal jogging alla metropolitana, più simile al modello di fruizione del palinsesto televisivo che non del cinema o di altre forme espressive. Ma il successo del walkman prefigura altre due ‘mutazioni antropologiche’ che segnano massicciamente la contemporaneità digitale. La prima è il matrimonio tra personalizzazione e condivisione dei contenuti. Il walkman si prestava a contenere la ‘propria’ compilation, ma anche a condividerla con altri: un jack audio permetteva di condividere la musica tra le cuffie di due ascoltatori. La seconda è il multitasking, la simultanea fruizione di finestre tecnologiche di cui è oggi intrisa la nostra quotidianità. Morita stupì i giornalisti, al lancio del primo walkman a Yoyogi Park, mostrando due ciclisti intenti a pedalare in tandem ascoltando musica. E promise alla polizia di New York di progettare cuffie che permettessero di sentire almeno le sirene di emergenza a chi, come lui, ascoltava il walkman attraversando la strada.