Del dovere morale di pagare le tasse

Il Governo sta varando lo scudo fiscale che sostanzialmente condonerà quanti abbiano eportato capitali all’estero. Nel frattempo si scopre che L’80% dei contribuenti italiani dichiara non oltre 26mila euro, il 50% non oltre 15 mila euro mentre la classe con un maggior numero di contribuenti è quella di coloro che dichiara redditi tra i 15 … Leggi tutto

Scherza con i fanti, ma lascia stare i papi

L’Ansa ricorda che Roberto Balducci, vaticanista del Tg3, autore del servizio di domenica scorsa sul Papa che conteneva la ormai celebre frase di chiusura sui ”quattro gatti” che hanno ancora la pazienza di ascoltarlo, e’ stato rimosso dal suo incarico. La decisione, dopo le polemiche seguite ieri al servizio, e’ stata presa dal direttore della … Leggi tutto

Zopa bloccata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze

E’ stato notificato a Zopa il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, su indicazione di Banca d’Italia, ha cancellato Zopa dall’elenco degli intermediari finanziari ex art. 106. Come conseguenza immediata Zopa ha sospeso la trattazione di nuovi prestiti e l’ingresso di nuovi Prestatori.

A Zopa Banca d’Italia ha contestato di aver fatto raccolta del risparmio e non semplice intermediazione di pagamenti a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito.

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Grilli, statuti, paure, burosauri politici, liquefazioni

Da domenica ci si chiede a più voci perchè i leader del PD trovano ogni seria e meno seria scusa per fare in modo che Beppe Grillo non si candidi alle primarie. L’unica ragione seria sono certi adempimenti secondo lo statuto, che però i leder PD non citano mai. Il problema è decisamente un altro

Le cose sono a questo punto. Il Pd paga uno scotto altissimo e interminabile al divario plateale fra una buona intenzione e gli inciampi della pratica. Oltretutto, non si può ignorare come il lungo congresso promuova comportamenti di apparato incresciosamente contrari all’investimento originario sulle primarie, tesseramenti democristiani o napoletani: per non dire dei guai già consumati in una quantità di situazioni locali. E con le elezioni regionali che incombono. Del resto qualcosa incombe sempre. Incombe oggi, ieri, il rischio di rinviare l’azione politica a cielo aperto perché si è troppo concentrati a farsi la fototessera nella cabina con le tendine tirate. E incombe la liquefazione del Pd. Anche la sua rianimazione: purché si veda come stanno le cose.

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Editoria in tempi di crisi: la lezione di Economist e Bild

Via Corriere.it

La vita è curiosa. Nel 2006 The Economist profetizzava, con pi­glio provocatorio, la scompar­sa dalle edicole dell’ultimo quotidia­no nel 2043. Ora la recessione accele­ra i processi. Molti quotidiani e setti­manali, travolti dal calo della pubbli­cità, vanno male. Ma The Economist Group no. Anzi, il 31 marzo 2009 ha chiuso il suo bilancio record. Quando diede l’allarme al resto dell’informa­zione, la Cassandra londinese dichia­rava ricavi per 218 milioni di sterline con un utile netto di 22. Adesso, gua­dagna 38 milioni su 313 fatturati. L’al­fiere della globalizzazione – lettura obbligata dell’iperclasse che trasvola sulle patrie – miete i suoi successi. Vende quasi 1,4 milioni di copie, il doppio di 10 anni fa, il quintuplo ri­spetto agli anni Ottanta. Dell’autorevolezza della testata, fondata nel 1843 da James Wilson, un sostenitore del free trade, si sa tutto. Rupert Pennant-Rea, già direttore ne­gli anni Ottanta, è stato vicegoverna­tore della Banca d’Inghilterra e ora presiede l’editrice. Negli anni Trenta, Luigi Einaudi, esule volontario dal Corriere espugnato dal fascismo, era il corrispondente dall’Italia. Si sa me­no, invece, dell’azienda.

The Econo­mist Group riunisce, attorno alla sto­rica ammiraglia, mensili specializza­ti, siti internet, l’Economist Intelli­gence Unit e il notiziario del Congres­so Usa, Roll Call, cui si è aggiunto Ca­pitol Advantage, comprato l’anno scorso per 21 milioni di sterline forni­ti senza battere ciglio dalle banche benché – circostanza insolita a oc­chi italiani – il gruppo abbia un pa­trimonio netto negativo e l’acquisita abbia solo avviamenti. La verità è che, dopo oltre un secolo di bilanci contenuti, la società ha co­minciato a fare tanti soldi. E a distribui­re agli azionisti perfino un po’ di più di quanto guadagni. Negli ultimi 4 esercizi, ha pagato dividendi per 152 milioni avendo realizzato 126 milioni di profitti. Una scelta non rara nel Re­gno Unito: il London Stock Exchange si regola allo stesso modo. E resa possi­bile dal flusso di cassa abbondante. Ai soci interessa meno, evidentemente, il valore della società. In base al prezzo indicativo dell’azione a bilancio, il gruppo vale 500 milioni di sterline, ma la società non conferma perché non tutte le azioni sono uguali e The Econo­mist Group non è quotato. Anzi, una struttura proprietaria curiosa. Il capitale è infatti formato da 4 ca­tegorie di azioni: 100 azioni senza di­ritti patrimoniali ai trustees, 22,68 mi­lioni di ordinarie pressoché senza di­ritti di voto (gli Agnelli ne hanno ap­pena comprate 50 mila, parecchie so­no destinate ai dipendenti), 1,26 mi­lioni di azioni speciali A in mano a una novantina di soci tra i quali Lynn Forester de Rothschild con il 19%, e poi i Cadbury e gli Schroeders, e altret­tante di classe B di proprietà del Fi­nancial Times, gruppo Pearson, che le ha acquistate nel 1928. I 4 trustees controllano i passaggi azionari e le no­mine al vertice del giornale e della so­cietà.

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I Mac vanno a ruba a Torino

dal blog di Mac@work Brutte sorprese a Torino: nella notte fra sabato e domanica, dei ladri hanno sfondato una vetrina del negozio in via fratelli Bandiera. La banda bassotti ha usato una macchina rubata 15 minuti prima e, vista la telecamera si sono coperti il volto con le magliette. Per aiutare le indagini dei carabinieri … Leggi tutto