Il calcio è una spugna che assorbe denaro, questo si sapeva. Ma la novità è che la spugna ora si impregna anche di denaro che viene dal mondo del crimine organizzato. Il mondo del calcio è una via per riciclare denaro sporco? Le organizzazioni criminali operano già all’interno di importanti club italiani e stranieri? Le strutture mafiose cercano di accrescere il proprio prestigio nell’opinione pubblica partecipando con l’ingresso nelle società sportive? Tutti interrogativi a cui l’Ocse risponde in modo affermativo. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha infatti pubblicato “Riciclaggio del denaro attraverso il settore del calcio”, un rapporto redatto dalla Financial Action Task Force.
Secondo il documento, l’universo del pallone possiede debolezze strutturali che lo rendono vulnerabile sul lato economico. L’Ocse parla infatti di un «mercato facile da penetrare». Le «complicate reti di azionisti», la «mancanza di professionalità del management» e la «diversità delle strutture legali» provocano poi una mancanza di regole che rende i club «facili da acquisire».
Il tasto più dolente riguarda invece l’aspetto finanziario: la grave crisi che sta colpendo molte società porta a blandi controlli sulla provenienza dei fondi, e ad accettare quindi «denaro di dubbia provenienza», o a «non fare molte domande quando si presenta un nuovo investitore». Inoltre anche i trasferimenti dei cartellini dei giocatori, «con cifre irrazionali e incontrollabili», si prestano al riciclaggio perché si svolgono su scala mondiale. L’Ocse fa anche l’esempio del tentativo di riciclaggio di denaro sporco nel 2006, attraverso l’acquisto di azioni di una «nota società italiana». Le indagini stabilirono che i soldi utilizzati provenivano dall’attività di una associazione criminale.