C’è una cosa che Obama e tutto l’Occidente potrebbero fare per i ragazzi di Teheran: approvare misure e mettere soldi per sviluppare le tecnologie di “internet censorhip evasion” (tecniche per aggirare la censura sulla rete e non essere individuati). Detta in parole semplici: la radio Londra di internet, la radio voce della libertà della rete. Alla camera dei rappresentanti il progetto è già stato presentato, e ci sono 50 milioni da spendere per aiutare i popoli del mondo ad aggirare le loro censure. Altrettanto potrebbe fare l’Europa.
Questo detto in generale, perché per “questi” ragazzi di Teheran, per quelli di questi giorni, ora è il tempo della repressione e della fuga. Forse degli arresti e chissà altro. II silenzio è sceso, ma la loro epopea resta e fa discutere l’occidente.
Senza le rete non sarebbe esistita la lotta dei giorni scorsi, già, ma cosa sta succedendo a chi quella lotta ha animato e documentato? Su YouTube si è fermato il flusso dei filmati. Su Twitter il “canale” (dizione non esatta ma serve per capirsi) dedicato a “neda“, la ragazza uccisa nei primi giorni della rivolta è meno visibile e più rallentato. Resistono “Iran” e “Iranelection” (attorno a questo tag è nato il canale dell’oppositore Moussavi), ma si tratta di messaggi di solidarietà, scarseggiano le testimonianze. Perlomeno fino a quando si parla di messaggi in inglese – chi scrive ammette di non aver controllato messaggi e canali in lingua farsi.
Non ci sono tracce di persiankiwi, molto attivo nei giorni scorsi. In uno degli ultimi messaggi dice: “Devo scappare, hanno trovato uno dei miei”. Resiste il blog Revolutionary road. Altri scrivono ogni tanto, ma senza dare mai troppi particolari, hanno evidentemente paura di essere individuati.