«È dura, Pietro. È dura». Poche parole sussurrate al custode. Sono le prime che Giuliano Soria pronuncia nell´androne della ritrovata casa di via Montebello. Una casa lasciata in fretta e furia tre mesi fa, quando fu arrestato dalla guardia di finanza.
Tornarci, ieri, fa effetto. Il palazzo è sempre lo stesso, con il cantiere aperto, il cartone sull´ascensore per non sporcarlo di cemento, gli operai che vanno e che vengono. Il patron del premio Grinzane Cavour, invece, sembra un´altra persona rispetto a prima. Dimagrito, i capelli più lunghi sopra le orecchie, la tinta castana che lascia il posto al grigio, la pelle d´improvviso più rugosa. E lo sguardo, soprattutto lo sguardo, non è più quello dell´uomo che comandava a bacchetta i suoi dipendenti e li maltrattava, come hanno raccontato. L´uomo che si imponeva su tutto e si diceva onnipotente adesso è ridimensionato, più umano. «Quando l´ho visto mi è sembrato che gli sia venuto un groppo alla gola – racconta Pietro, il custode – Forse anche il pensiero di rivedere la mamma, di tornare da sconfitto, lo ha imbarazzato».
Il ritorno a casa è tutt´altro che trionfale. Per evitare gli scatti dei fotografi un furgone bianco alle otto lo preleva di soppiatto dall´aula bunker del carcere Lorusso e Cutugno e lo porta nascosto nel cassone posteriore fino dentro al passo carraio di casa. Chi nel vicinato aveva visto con soddisfazione la caduta del suo impero ora si secca a saperlo a casa. «Ha rubato, perché lo rilasciano?», dicono. Soria è libero perché sono scaduti i termini per la custodia cautelare ma a partire da oggi dovrà andare quattro volte alla settimana a presentarsi al commissariato di polizia in via Verdi.
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