Lucia Annunziata interpreta a modo suo il tempa dei contenuti a pagamento
Oggi l’editoria internazionale, in testa l’imprenditore dalle uova d’oro Rupert Murdoch – e, pare, anche l’editoria italiana raccolta a Bagnaia – vuole passare su Internet, e vuole far pagare i contenuti. Il ragionamento funziona più o meno così: le notizie sono più o meno le stesse, prodotte da un alveare operoso ma senza nome dei vari media, e saranno dunque inevitabilmente gratis. Altro sono i contenuti e questi si faranno pagare. Dunque meno giornalisti per lavorare al corpaccione unico delle news generali, e poche pepite d’oro da far pagare care. Se si aggiunge al costo finale l’assenza della carta, con tutti gli enormi benefici anche per la «sostenibilità» (altra parola da «seminario»), voilà.
A parte la complicata distinzione fra contenuti e notizie che ha già dato vita a una disputa annosa e non meno divisiva di quella sulla essenza del corpo di Cristo fra Ario e Atanasio, la domanda rimane sempre la stessa: ma che razza di contenuti sono questi da spingere a comprare in una rete gratuita e zeppa di notizie un particolare accesso a una particolare testata?
Fino ad oggi nel mondo ci sono vari esempi di successo online. L’informazione economica, che è assolutamente necessaria, di Bloomberg, dei servizi speciali del Ft, o di Economist o di WSJ, e che riesce, in parte, a farsi pagare. Nell’informazione politico-generalista, ci sono esempi di altissimo livello, come «politico.com», da tutti guardato come esempio: ma anche questo sito, pur fatto da superfirme superpagate, al momento per sfidare Washington Post e New York Times rimane gratuito.
Per farci pagare l’accesso al Web avremo dunque bisogno di offrire grandi cose. Notizie esclusive (scoop, si diceva quando eravamo ingenui)? Le analisi migliori? Storie senza pari? Risate irripetibili? Informazioni senza le quali non possiamo uscire? Qualunque di queste cose sia, per essere acquistate dovranno essere, appunto, uniche, irripetibili, migliori, senza pari, impossibili da ignorare. E chi farà questi strepitosi «contenuti», se non strepitosi giornalisti? Ecco, così, tanto per indicare un dettaglio.
“tema” Vitt, il “tempa” è l’appellativo che davamo ai template quando lavoravamo insieme… ;-)