La scelta di una parte degli editori italiani, che va però modulata con chiarezza nei tempi e nei modi, di portare in rete prevalentemente informazione a pagamento e non retribuita dalla pubblicità, richiede che si mettano d’accordo praticamente tutti gli editori mondiali: eventualità non propriamente praticabile.
Dopo il consorzio WWW il consorzio WWP ?
«Credo che pagare le news online sia la strada da percorrere», ha esordito Elkann. D’accordo Cerutti, ma il presidente del Sole 24 Ore è cauto. Difficile, spiega, che «si possa passare da tutto gratis a tutto a pagamento. Insomma, il passaggio dovrà essere graduale». Una possibile ricetta arriva da De Bortoli. Il direttore del quotidiano di via Solferino ipotizza una «sfida dei micropagamenti» che potrebbe «riuscire a dare all’utente un servizio personalizzato».
Certo, sottolineano i partecipanti, nessun editore può decidere da solo. Per proprio conto. Concordano i giornalisti americani invitati a La Bagnaia. «Sì, anch’io sono stato tra quelli che hanno voluto le notizie gratis sul web», ha spiegato Leonard Downie Jr., ex direttore del Washington Post. C’era anche Leonard nella squadra di giornalisti che seguì il caso Watergate. E Downie, da 44 anni al Post: «Offrire le news gratis è stata una decisione sbagliata, i giornali adesso devono trovare soluzioni diverse». «Internet a pagamento è una soluzione quasi inevitabile», ha spiegato Tom Curley, il presidente dell’Associated Press intervistato da Mario Calabresi, direttore della Stampa. La grande agenzia di stampa americana ha già investito decine di milioni di dollari per studiare sistemi informatici in grado di stanare chi utilizza abusivamente le sue notizie.