Venti per cento di corsi in meno, in cifre 1.000-1.100 tra lauree triennali e specialistiche. È l’effetto della cura dimagrante per l’università avviata dalla Moratti e portata avanti da Mussi. Termine ultimo per perdere peso il 15 giugno. Dopo quella data, se l’offerta formativa sarà ridondante, ovvero conterrà troppi corsi privi dei necessari requisiti, a partire dal numero dei prof delle materie di base, verrà ridimensionata a colpi di forbici dal ministro Gelmini. Nel senso che l’offerta fuori norma non verrà riconosciuta, non avrà valore legale.
Negli ultimi due mesi i Senati accademici hanno tagliato decine e decine di corsi di laurea, in qualche caso anche facoltà. «La Sapienza» di Roma ha cancellato più di tutti. Il mega ateneo, il più grande d’Italia e uno dei maggiori in Europa, è stato quello che ha tagliato più in profondità: 46 corsi. A Siena ce ne sono 34 in meno. Firenze e Genova hanno previsto un taglio dell’offerta rispettivamente del 20 e 15 per cento. La Federico II di Napoli, lo scorso anno, ha cancellato 9 corsi di laurea e ora si appresta a tagliare 100 insegnamenti. Roma Tre, Bologna, Ferrara e Bergamo elimineranno da uno a due corsi. Il Politecnico di Milano un corso nella sede distaccata di Cremona. Ancona ha soppresso 10 corsi e 100 insegnamenti. Messina si è privata di una facoltà, quella di Statistica, e di 15 corsi di laurea. L’Orientale di Napoli perderà circa la metà dei corsi di laurea. In tutti gli atenei del Paese i Senati accademici stanno facendo i conti. E alla fine, tranne poche eccezioni, l’offerta didattica per il nuovo anno è a segno meno. Sono spariti gli insegnamenti creati più per ragioni accademiche che per soddisfare una reale domanda degli studenti. Sorti come funghi, spesso non sono riusciti ad attrarre iscritti. Ed hanno confuso le idee a tanti giovani con offerte stravaganti quanto prive di utilità: uno, tra i tanti, s’intitolava «Benessere del cane e del gatto».