Rina Brundu su il Barbiere della Sera
Per quanto mi riguarda, ritengo che il passaggio dal giornalismo tradizionale ad un giornalismo digitale non sia solo cosa buona, ma che sia pure la sola opportunità di sopravvivenza di questa professione. Soprattutto, credo che tale rivoluzione rappresenti l’occasione storica per fare piazza pulita delle molte “incomprensioni” recenti, in virtù delle quali, la bellissima possibilità che ha l’anima di rendere un servizio al prossimo attraverso la scrittura (perché alla fine della fiera questo dovrebbe essere il vero giornalismo), viene scambiata per una imperdibile occasione di carriera glamour.
Non nego che il giornalismo online abbia tanto su cui lavorare. Tra i tanti difetti che si possono citare, vi è quello del dover ancora trovare la maniera migliore per conciliare le ragioni editoriali (in senso lato, sia a livello di vero e proprio editing che a livello di controllo delle fonti) con quelle della rapidità informativa.
Ancora, deve tirare una linea credibile tra il giornalismo tout court ed il gossip. Infine, deve risolvere il ben noto problema della definizione di un modello lavorativo che permetta al giornalista web di vivere della sua professione, esattamente come accade per il professionista tradizionale. Tuttavia, se guardiamo, per esempio, agli introiti della stessa Huffington non credo proprio che questo possa essere un elemento frenante di questa strabiliante possibilità moderna.
Di fatto, la Rete permette al giornalista di farsi conoscere “urbi et orbi”, mentre ad un tempo garantisce al lettore la possibilità di “scegliere” il professionista di riferimento. Gli permette di creare con lui un rapporto di fiducia unico nel suo genere. E non è poco.
Mi spiego meglio. Il giornalismo tradizionale ha prodotto una lunga lista di valenti professionisti che per anni hanno contribuito, non solo alla diffusione delle notizie che hanno fatto la nostra Storia, ma anche a spiegarle. Sono stati agenti indispensabili per una miglior comprensione del mondo che ci circonda. Resta però il fatto che, bravi o meno bravi, tutti questi professionisti sono stati professionisti “imposti” dall’editore o, alla meno peggio, dal direttore di testata.
Per quanto poco esposta a queste dinamiche, dubito infatti che una perfetta “libertà di stampa” possa realizzarsi all’interno di un giornale tradizionale. Per ovvie ragioni. La maggior parte pure giuste. Il mio pensiero va però a quei tanti professionisti che avrebbero potuto essere tali, ma che non sono riusciti a realizzare il sogno di una vita, in virtù di un diktat esterno. Un diktat magari dettato da ragioni assolutamente estranee alle “possibilità giornalistiche” del soggetto considerato.
La Rete offre dunque una straordinaria possibilità storica di liberazione da simili dinamiche obsolete. In altre parole, la Rete permette una scrematura professionistica naturale in virtù della quale solo il giornalista davvero bravo potrà essere considerato tale da un lettore sicuramente più informato e capace.
Caro Vittorio,
volevo ringraziarti per lo spazio che hai dato al mio articolo sul tuo blog. Una bella sorpresa.
Diceva Yeats, non ci sono sconosciuti, solo amici che non abbiamo ancora incontrato.
Best regards from Dublin,
Rina Brundu