Il virus della febbre suina è stato riconosciuto grazie al team capitanato da Ilaria Capua presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie utilizzando la banca dati GISAID realizzata per i precedenti casi di infezioni da virus animali. Abbiamo conosciuto Ilaria Capua alla recente Seconda Venice Session: grande persona.
Qui il secondo video di Venezia
Il successo nasce dall’aprire le conoscenza scientifiche a tutti gli addetti ai lavori.
Abbiamo visto lontano, quando abbiamo sollevato il problema della trasparenza dei dati. Senza la banca dati non sarebbe stato possibile avere tutti questi dati sul virus, ha detto all’ANSA Ilaria Capua, che nel 2006 ha lanciato sulle maggiori riviste scientifiche internazionali l’appello a mettere in comune i dati in un’unica banca dati. Ci sono voluti due anni per allestirla e sostituire cosà la banca ad accesso riservato utilizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La banca Gisaid è attiva dall’agosto scorso e contiene migliaia di sequenze genetiche di virus dell’influenza animali e umani: un archivio unico al mondo, gestito dall’Istituto svizzero di bioinformatica, una fondazione accademica nata nel 1998. Una volta sequenziato il virus dell’influenza dei suini, spiega Ilaria Capua, i Centri statunitensi per il controllo delle malattie hanno immesso la sequenza in Gisaid: grazie a tutte le altre informazioni già contenute nella banca abbiamo confrontato la nuova sequenza con le altre e abbiamo capito da dove arrivavano i geni e individuato la resistenza gli antivirali.
Ilaria Capua è una delle paladine della scienza Open Source, è una delle cinque Revolutionaries Minds
Una delle cinque “Revolutionary Minds” di Seed Magazine – quello dei www.scienceblogs.com – è la virologa dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie che ha teorizzato il concetto ”One Health”: umani, animali, ambiente, la salute è una. La rivoluzione sta nell’averlo applicato con GISAID e, a furia di rampogne nei vertici internazionali, nell’aver costretto gli specialisti in zoonosi trasmesse agli umani, cioè i medici, a parlare con gli specialisti delle zoonosi, cioè i veterinari.
A posteriori, sembra l’uovo di Colombo . Eppure non s’erano mai incontrati per darsi strumenti e progetti comuni. Per fortuna, un anno fa la Fao, l’Oie e l’Oms hanno chiesto a Ilaria di organizzare un worskhop congiunto.