Slow Food è razzista ?

Via Gastronomade

Scrivere che i negozi che vendono kebab sono: “Centri di spaccio e di riciclaggio di denaro sporco…“, oltre che ad una gravissima affermazione diffamante, non ha nulla a che vedere con una critica sulla qualità delle materie prime e sul rispetto delle norme haccp dei kebabbari.” E’ razzismo e basta!

Devo purtroppo anche comunicarti che, con mia grande sorpresa, sono state molto più numerose le email che ho ricevuto che ricalcavano le posizioni di Giordano, piuttosto che quelle che prendevano le distanze dalle sue affermazioni.

Credo che su questo fenomeno “dell’intolleranza alimentare”, evidentemente tutt’altro che isolato all’interno del variegato universo dei “fiduciari”, sia opportuno avviare una riflessione, poiché questo genere di posizioni “estremiste” rischiano d’invalidare nei fatti, sul terreno, le buone intenzioni di Carlin Petrini ed i “Manifesti” ideali di eventi come Terra Madre.


L’impressione, vista dall’esterno, è che questa ondata di xenofobia diffusa che si respira oggi in Italia, e che leggiamo ogni giorno a piene pagine sui giornali, con ripetuti attacchi e aggressioni nei confronti degli stranieri, si stia spostando anche sul terreno del rifiuto delle diverse culture alimentari, coniugandosi con forme di fanatismo nazionalista (Polenta sì, Couscous No) e protezionismo dei mercati, nel nome della salvaguardia dell’identità italiana e dei nostri prodotti tipici.

Il problema dell’anti-kebabismo non può quindi essere banalizzato auspicando la produzione di un “kebab doc”, a “filiera corta” o a “km 0”, come capita di leggere ultimamente, ma è molto più complesso e richiede a mio avviso una ben più ragionata azione di contrasto e d’informazione.