E allora come si fa a paragonare tutto questo ben di Dio a Twitter? Si fa. Perché se il gioco è la trasmissione veloce dello “stream of consciousness” , del flusso di impressioni ed emozioni – ed è esattamente questo – allora twitter è perfetto e si accuccia nel vostro cellulare (grazie anche ad applicazioni dedicate – twitterific su iPhone) come il pezzo giusto del puzzle. E ti racconta cosa? Quanto vale questa diretta? Qui l’esperienza di chi ha “fatto” può aiutare chi legge.
Sarà banale, ma in questa forma di microreporting ci dev’essere una grande attenzione. Soprattutto se stai seguendo qualcosa che avviene mentre scrivi. Un conto è guardare la pista di sci nel deserto di Dubai, dire “ma guarda questi pazzi” e farne una foto col sopracciglio alzato. Un altro conto è dover produrre segmenti di narrazione del discorso di un politico che è detto mentre scrivi. Perché le parole non sono tutte uguali. Ci sono le premesse, i passaggi laterali, i riferimenti culturali importanti ma non essenziali. Le provocazioni e le captatio al proprio pubblico. E poi ci sono il nocciolo del discorso, i passaggi decisivi e le cose che contano.
Come te ne accorgi? Come fai a capire cosa è essenziale e cosa no? Non me la caverò con uno “sbagliando”. No, conta l’esperienza e la professionalità di chi racconta. Perché una cronaca twitter sia efficace e non si perda in una sequela di sms senza significato, quella cronaca dev’esser fatta da chi ci capisce. Il twitter di un processo in tribunale dovrebbe essere fatto da uno che distingue un’obiezione della parte dall’incidente sostanziale nel procedimento. Il twitter della politica da uno che capisce le parole del leader, che magari ne conosca i vezzi retorici, capendo se sta facendo una “carrettella” o una perorazione solenne.