La crisi economica mondiale, con il suo noto effetto a cascata ha messo a dura prova piccole e grandi convinzioni appena consolidate (per esempio quella che l’informazione la pagava la pubblicità): i grandi investitori pubblicitari (banche e costruttori di auto in primis) hanno tagliato i loro budget e per gli editori è iniziato un periodo di grande sofferenza economica. Nel corso degli ultimi mesi del 2008 e nei primi mesi di quest’anno i conti sono andati male per quasi tutti: i cali sono stati molto consistenti per la pubblicità su carta (quella più remunerativa e costosa) mentre i numeri positivi della pubblicità sul web (numeri complessivamente assai più piccoli) hanno subito una brusca frenata.
Con uno strabismo invidiabile molti editori hanno inteso iniziare, prima timidamente, poi con maggior condivisa convinzione, a ridiscutere non solo e non tanto la loro presenza sulla carta stampata, quanto invece quella sul web. Un po’ ovunque, come per magia, sono ricomparse ipotesi di abbandonare il modello basato sulla pubblicità per rivolgere l’attenzione al portafoglio dei lettori. La lunga strada di un decennio che ha portato grandi quotidiani e magazine di tutto il mondo a rendere disponibili gratuitamente la gran parte dei propri contenuti sul web sembra essersi interrotta: sono bastati alcuni mesi di conti in rosso (certamente non per colpa del web) per far risorgere dalle ceneri il vecchio sotterraneo rimbrotto della stampa nei confronti della rete che potrebbe essere così riassunto: “Perchè dovrei darti le mie news gratis?”.
Liberati i freni inibitori ora tutti se le prendono con tutti : la palma del più combattivo va senza dubbio a Rupert Murdoch che, evidentemente poco affezionato alla sua fama di grande annusatore dell’innovazione derivata dalla acquisizione fortunata di MySpace, se l’è presa con Google, rea di guadagnare denaro “rubando” (questo il verbo usato dal tycoon australiano) i contenuti delle sue aziende editoriali. Non è stata da meno la Associated Press che ha preparato perfino una pagina web nella quale, con qualche vaghezza, spiega di essere stanca di vedere I propri pezzi ricopiati sui blog di tutto il mondo senza guadagnarci un centesimo.
1 commento su “La crisi della stampa in parole piane”
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>Associated Press…stanca di vedere I propri pezzi ricopiati sui >blog di tutto il mondo senza guadagnarci un centesimo.
well, e i blog che ricopiano i blog che ricopiano i blog? e basta, senza alcun valore aggiunto? che senso ha fare solo gli aggregator? nel web odierno, dove ne esostono a centinaia in qualsiasi lingua? mica questa la vogliamo chiamare “informazione dal basso”, eh? o giornalismo partecipante…
il punto non e’ le news gratis online o meno, quanto piuttosto creare integrazioni, contenuti nuovi, contestualizzare, proporre riflessioni non statiche e stracotte come, ahem, quelle di cui sopra… ;)