Via Luca Sofri (il ragionamento si adatta ai TG, ma anche ai siti internet di prestigiose testate)
C’è un effetto “darwiniano” nel travaso sempre più cospicuo di utenti dell’informazione dalla tv al web. Più i siti e i servizi di news online attraggono lettori che si abituano alla velocità degli aggiornamenti e alla varietà delle fonti, più l’informazione televisiva è costretta ad adattarsi al mutare del suo pubblico. Questo passaggio infatti non solo diminuisce quantitativamente gli spettatori dei telegionali e dei programmi giornalistici, ma ne cambia qualitativamente la composizione. Quelli che continuano a ricevere informazioni dalla televisione sono pubblici sempre meno consapevoli, sempre meno attenti, sempre meno critici, sempre meno informati: residuali. I tg rischiano di diventare così quello che erano un tempo le riviste da parrucchiere, mezzi di informazione destinati a chi non ne ha altri e le cui domande di completezza e affidibilità sono bassissime. E in questa evoluzione, i tg si adattano.
Disperando di poter andare controcorrente e trovare altri modi di svolgere la propria primitiva funzione giornalistica con prodotti di qualità, i programmi tv seguono e creano insieme la domanda più povera e superficiale: si occupano di piccola cronaca nera e strano-ma-vero, fanno allarmismo e sensazionalismo, convertono la loro linea editoriale in “dove-andremo-a-finire-signora-mia”, lasciando una nicchia di sopravvivenza indipendente solo all’immarcescibile spazio delle marchette politiche. Il quadro lascia fuori ancora qualche eroico sussulto di dignità, ma sono sempre meno.
Non è a rischio la sopravvivenza dei telegiornali – è sopravvissuto Cronaca Vera -, è a rischio ben altro.
Vittorio, come quasi sempre, condivido totalmente quello che hai scritto ;-)