Alessandro Barbera su Lastampa
Aerei semivuoti. Biglietti venduti a prezzi inferiori agli obiettivi di redditività. Cambio sfavorevole. Conflittualità sindacale latente. Voli accorpati e ferie aggiuntive ai piloti per evitare sprechi. Se avessero saputo della tempesta che stava per abbattersi sull’economia mondiale, probabilmente Roberto Colaninno e gli altri soci della nuova Alitalia non si sarebbero avventurati in un decollo così difficile. Non più tardi di un mese fa, era il primo febbraio, il socio di maggioranza relativa, Jean-Cyril Spinetta, ha definito lo shock che sta subendo il traffico aereo mondiale «3-4 volte superiore quello dell’11 settembre». A febbraio la holding di cui è presidente – Air France-Klm, che proprio ieri ha ottenuto il via libera di Bruxelles all’ingresso nell’azionariato di Alitalia – ha perso l’8,1% dei passeggeri. I concorrenti di Lufthansa registrano -9,3%. British Airways non prevede il ritorno all’utile prima del 2011, l’agenzia di rating Standard and Poor’s ha degradato a «junk» – spazzatura – la solvibilità della compagnia. Anche se sottratta sine die agli impietosi giudizi della Borsa, la nuova Alitalia non fa eccezione. I vertici rivendicano di aver migliorato la puntualità dei voli, di offrire un servizio regolare ed efficiente. Ma a due mesi dal battesimo – era il 12 gennaio – le prospettive di ritorno all’utile, previsto per il 2011, sono lontanissime.