La Torino da bere

Rocco Moliterni su Lastampa.it

Negli Anni 80 grazie allo spot se non vado errato dell’amaro Ramazzotti, l’espressione “Milano da bere” divenne quasi un tormentone, era una città dove quel che contava era l’immagine, lo spendere per lo spendere, la superficialità  e l’effimero come valori fondanti. A questa Milano da bere, si contrapponeva allora la Torino laboratorio

Oggi grazie alle vicissitudini del premio Grinzane Cavour e del suo patron Giuliano Soria finalmente sappiamo di avere anche noi la “Torino da bere”. Non solo e non tanto per le bottiglie di vino che il Premio letterario regalava a destra e manca, ma proprio per il capovolgimento dei valori che la cultura del Grinzane e i comportamenti del suo patron diffondono. La cosa che stupisce in questi giorni è l’uso dell’espressione (l’ha fatta sua la Bresso) “Non gettiamo via il bambino con l’acqua sporca”, ma qui c’è da chiedersi se sporco non sia il bambino, nel senso del modello culturale che il Grinzane rappresenta.

E una discussione su questo sarebbe doverosa soprattutto per assessori, come Oliva, che da un lato organizzano kermesse contro i tagli alla cultura e dall’altro non battono ciglio nel sovvenzionare con milioni di euro il Grinzane. Con i soldi dei viaggi e delle cene e dei gettoni di presenza e delle bottiglie di barolo elargiti dal Grinzane quante borse di studio, biblioteche, archivi, mostre, spettacoli, convegni, sedi di associazioni forse non brave a raccogliere fondi e rassegne stampa e a regalare tour in mezzo mondo ma certo culturalmente non inferiori (ed è un eufemismo) al Grinzane si potevano finanziare ?

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