Giornalismi possibili: così avevamo intitolato questo blog, all’epoca del suo lancio, oltre due anni fa, riformulando il divenire dell’informazione sull’onda del digitale. Onde ampliare concetto e partecipazione, avevamo anche organizzato due convegni romani, rispettivamente a luglio 2006 (”Tutti giornalisti?“) e gennaio 2007 (”Il Web 2.0 e lo scenario italiano: a che punto siamo?“). A latere del secondo, si era perfino tentato di aggregare le forze verso un “progetto online di giornalismo partecipativo maturo e dinamico, capace di integrare inquadramento editoriale e partecipazione, user generated content e criteri di qualita’, redazione virtuale e strutture semi-professionali.”
Non mi pare che da allora in Italia ci siano stati incontri analoghi né serie analisi o interventi su quelle pratiche emergenti “dal basso”, variamente definite citizen journalism, giornalismo partecipativo e quant’altro. Peccato. Perché il fenomeno nel frattempo si è esteso parecchio, pur se nel Bel Paese assai meno che altrove per atavici motivi (tema da approfondire, eventualmente, in altra sede). E peccato, perché a leggere certe uscite recenti sembra che le potenzialità e le concretezze dell’informazione diffusa restino qualcosa di sfuggente, lontano e alieno a molti esperti nostrani. E peccato un’altra volta, perché meno che mai queste esperienze, nel frattempo cresciute e maturate sul campo, vengono prese in esame per quello che meritano: doveroso ‘reality check’, possibili soluzioni concrete alla ‘perdurante crisi dell’informazione’ sbandierata a destra e a manca.