Giuseppe Granieri su Apogeonline
Molti analisti si concentrano su come debba cambiare la professione e su come debba cambiare il contenuto giornalistico per far fronte alla crisi. Probabilmente questo assomiglia a concentrarsi su uno dei sintomi (il più evidente, è chiaro) ma non sulla causa. Se avessimo il miglior giornalismo possibile, il più affascinante che riusciamo a immaginare, dovremmo dare per scontato che averlo basti a ritornare allo status quo. Ovvero: la gente ricomincia a comprare i giornali, gli inserzionisti ricominciano a investire pesantemente e tutto torna all’età dell’oro grazie a una o più innovazioni nel confezionamento dell’informazione. Ma io non sarei così sicuro: in genere una buona soluzione parte da una buona descrizione del problema. E il problema alla fine è semplice: se non si fa fatturato, non c’è professione. Se si dimezza il fatturato, si dimezza la popolazione che riesce a viverci facendo quel lavoro.
E per fare fatturato, per mantenere i costi (alti) di approvvigionamento e di confezionamento (se non paghiamo il confezionamento il giornalismo cessa di essere una professione), serve un modello che tenga conto della realtà e non che viva sulle speranze di un ritorno al passato. È abbastanza fatale che gli acquirenti di giornali (già in piena senescenza) non smettano di diminuire e che il pubblico televisivo (negli anni) tenda a non consumare la televisione come la conosciamo oggi. E ne consegue che se diminuisce il pubblico e diminuisce la capacità dei mass media di fare cornice sociale, si ridimensioni l’appeal della (costosa) pubblicità su questi strumenti. E se dimuiscono i soldi in ingresso, diminuiscono i soldi per coprire quanto accade nel mondo e per pagare i giornalisti a livello professionale. E diminuisce l’informazione organizzata, che non può essere (per evidenti ragioni di approvvigionamento) sostituita in maniera autorganizzata dall’informazione dal basso (che ne è un complemento importante, ma non un sostituto).
1 commento su “Scenari, sistemi produttivi e transizioni del giornalismo”
I commenti sono chiusi.