Dopo la colazione da Wired si inizia a riflettere in rete su futuri, posizionamento e linea editoriale della futura rivista …
Il bloggante sta cercando di capire che succede e legge in giro i pochi pareri di commento che vanno oltre i dovuti auguri a una iniziativa editoriale interessante e coraggiosa. Nel frattempo ci si abbona per un anno: costa un po’ di più di due numeri in lingua originale
Una parte della discussione ha ovviamente riguardato la questione della “fine della carta”. Ha senso fare oggi un mensile di carta che parla di tecnologia? Ci sono ovviamente molte ragioni sacrosante che oggi allontanano i lettori dalla carta, specie quella dei mensili di informatica che sono oggi penalizzati dal mercato. Poi ci sono gli aggregatori, i blog, la microeditoria ecc. Dicevo stamattina che se resta uno spazio di senso per un mensile cartaceo questo e’ forse in relazione a fenomeni di vicinanza delle tematiche della innovazione. Ci sono tematiche vicine e casuali che un mensile come Wired potra’ esplorare e che non arriverebbero al mio aggregatore. Materie che possono interessarmi delle quali io non so nulla. Stara’ al filtro della redazione immaginare le parentele tematiche che possono rendere interessante Wired per un numero ampio di lettori.
Calma. Marco Magnocavallo ha raccontanto che i tempi medi di permanenza sui sito del network che dirige (blogo.it) sono assai bassi. Molte milioni di pagine viste ma con una permanenza media di ciascun lettore vicina al minuto. Un altro possibile spazio della carta (in generale) e’ quello di tutelare un accesso “calmo” alle informazioni da contrapporre all’infosnackig che oggi e’ diventata la regola del consumo informativo sul web. Si tratta di un problema serio e complesso del quale forse non ci rendiamo ancora conto a sufficienza. Raccontare storie lunghe e articolate capaci di bloccare l’isteria della navigazione e di favorirne la metabolizzazione non e’ certo una prerogativa unica della carta, ma di sicuro sulla carta funziona meglio che online.
Wired Italia avra’ ovviamente anche una parte web. La notizia positiva e’ che, analogamente a quanto avviene sul sito USA, una buona parte dei contenuti che compaiono sul mensile saranno liberamente disponibili online (Riccardo Luna molto saggiamente ha detto che lui non crede che cio’ possa ridurre le vendite inedicola). Quella forse negativa e’ che non mi pare che il progetto web (che in USA ha una importanza almeno uguale a quello cartaceo) sia ancora molto ben definito. Mancano 100 giorni, non c’e’ molto tempo.
Via Lafra
Wired e’ un mensile quindi non puo’ creare il suo vantaggio competitivo rispetto alle altre proposte editoriali puntando sulla “freschezza” delle notizie (fanno fatica i quotidiani figuriamoci i mensili). Le attese e le aspettative maggiori nei suoi confronti sono relative ala modalita’ con cui le stesse verranno concettualizzate e approfondite.
Wired Italia non puo’ diventare la copia di Wired USA: gli stessi blogger oggi hanno chiarito che sperano che il primo non cannibalizzi il secondo e il direttore ha precisato che non succedera’, sara’ possibile trovare entrambe.
Wired deve posizionarsi in maniera diversa rispetto alle altre proposte editoriali che potrebbero essere percepite come concorrenti: rispetto a Nova, piu’ volte menzionato durante la Colazione (dovuto ovviamente anche alla presenza del direttore Luca De Biase), da Jack, accostamento che tutti temono perche’ svalorizzerebbe il ruolo di Wired nel panorama informativo tecnologico, e da altri prodotti in qualche maniera accostabili a Wired relativamente ai temi trattati. Dovrebbe svilupparsi in maniera sinergica e non antitetica a quanto gia’ esiste.
Wired potra’ avere, o almeno ci si aspetta avra’, una versione online che a mio avviso non dovrebbe replicare i contenuti della rivista se si vuole venderne un numero di copie sufficiente al sostentamento economico (mi riferisco ovviamente anche alla vendita degli spazi pubblicitari). Oggi durante la colazione ho sentito parlare della rivista come di un “feticcio” perche’ ha ovviamente qualcosa che l’online non puo’ replicare, ma non so quanti possano condividere questa visione a parita’ di contenuti.
Wired difficilmente puo’ posizionarsi come aggregatore perche’ una buona parte dei suo potenziali lettori utilizza gia’ strumenti di aggregazione delle informazioni (e qui ritorno sempre al discorso del filtro informativo di cui parlavo in un precedente post)…
Che cosa accomuna questi pubblici? Di cosa hanno bisogno? Che cosa manca? A mio avviso manca uno strumento che li metta nelle condizioni di capire cosa stanno leggendo, di andare oltre alla notizia, di invididuare dei trend. Come gia’ accennato nel precedente post, piu’ che di un filtro informativo hanno bisogno di una chiave di lettura dell’informazione e di identificazione delle possibili implicazioni per il panorama italiano (e secondo una logica ad imbuto per il loro business).
Durante la Colazione e’ stato precisato il fatto che Wired Italia deve connotarsi di italianita’, raccontando storie e vicende legate a persone, aziende, attivita’ italiane, ma a mio avviso anche individuando le conseguenze e l’impatto per l’Italia di cio’ che avviene oltreoceano, oltremanica, insomma oltre i nostri confini.
Non e’ una novita’ se dico che in Italia spesso l’innovazione arriva “dopo”, a volte semplicemente c’e’ ma non e’ visibile, manca una traduzione della stessa per un pubblico piu’ ampio rispetto agli addetti ai lavori. Ecco questa e’ l’attivita’ di “traduzione” che auspico per Wired Italia.
“Attenzione, Wired non sarà un altro giornale di computer o di telefonini” – puntualizza il direttore – “ma sarà il magazine delle grandi idee che cambiano la nostra vita, e quindi parlerà anche di computer, web e telefoni, ma soprattutto di ambiente, salute, alimentazione, trasporti, scienza e business. Con una differenza fondamentale che fa di Wired qualcosa di unico nel panorama editoriale. Wired non parla di problemi ma di soluzioni, anzi di quelli che stanno cercando o hanno già trovato le soluzioni”.
Riccardo Luna, 43 anni, romano, nella sua carriera ha sempre dimostrato vocazione al cambiamento e lungimiranza. Una carriera costellata di tante attività e successi: dalla fondazione e direzione del mensile Campus a quella del quotidiano Il Romanista passando dalla vicedirezione del Corriere dello Sport.
Luna ha lavorato per La Repubblica per 15 anni. Dapprima come collaboratore e successivamente come caporedattore. Nella sua esperienza all`interno del quotidiano si è occupato di politica interna, cronaca e iniziative speciali. E la sua passione per la tecnologia ha radici lontane. Già nel 2000 la sua collaborazione con La Repubblica lo ha portato a trascorrere un breve periodo nella Silicon Valley per studiare l’Internet Revolution in qualità di “giornalista aggregato”.
Cosa dobbiamo aspettarci dall’edizione italiana di Wired? Curiosità, domande e ipotesi rimbalzano ormai da giorni sul web in un tam-tam che coinvolge non solo gli appassionati della versione originale. “Wired in Italia resterà fedele a se stesso e alla sua formula: è un giornale centrato sul what’s next, sulla curva dell’innovazione che riguarda tutti i settori”.
In attesa che le rotative sfornino la rivista cartacea, tutti coloro che, come Wired, vogliono conoscere in anticipo il futuro hanno la possibilità di seguire passo a passo la nascita del magazine su weWIRED, il sito che è un po’ un pensatoio e un po’ il “making of” in presa diretta del progetto editoriale.
Nel frattempo però però negli USA Massimo Cavazzini segnala che
CondèNast, editore di Wired.com, taglia il 25% del proprio staff [via]:
According to reports, 25% of Wired.com’s San Francisco staff have been laid off, with the majority of layoffs coming from tech roles. 10% of the editorial staff have been cut.
La motivazione direttamente dall’editore:
Visibility for 2009 is very limited and we are adjusting all costs to prepare for slower revenue growth. The adjustments are across the board and include staff restructuring and some reduction. Despite the current environment, CondéNet will end the year slightly up over 2007. These moves will put the company in a stronger position to handle a challenging year ahead and for the business to benefit when the economy and the ad market start to rebound.
UPDATE 1:
Purtroppo a me è toccato il ruolo di chi prima si definisce agnostico rispetto all’aura di Wired, poi incerto sulle possibilità di successo nel 2008 di un nuovo progetto cartaceo, così com’è strettamente costretto al passaggio obbligato in un sottile corridoio delimitato dal lato degli utilizzatori avanzati dalla naturale concorrenza dei filtri online tecnologici e sociali (aggregatori, RSS, shared items, ecc.) e dall’altra insidiato dalla scarsa propensione all’edicola (italica in generale, e di gran parte dei digital natives, in particolare).
Per come la vedo io, le sorti di Wired Italia si reggono su di un equilibrio delicato, a metà strada tra il progetto “elitario” (ma che essendo cartaceo deve comunque avere i numeri sufficienti per una distribuzione normale) e il progetto più allargato (che però sarebbe un’annacquatura dell’originario e anche una intrusione in un territorio già presidiato). Chissà se la necessità di avere articoli lunghi, da lettura slow, supportati da carta e grafica adeguati è sufficiente come valore aggiunto per dare la giusta spinta della catena dalle rotative alla distribuzione. Io me lo auguro.
Credo che questa sia la strada giusta. In un momento molto difficile per l’editoria, in cui la carta viene messa in discussione se paragonata alla velocità di aggiornamento ed accessibilità della rete, Wired dovrà essere in grado di raccontare, nello stile che da sempre contraddistingue il marchio, l’Italia che si appresta a rincorrere l’innovazione necessaria per vincere le sfide del nuovo secolo. Un innovazione che non è fatta di tecnicismi da “geek” ma è fatta di persone che, con grande passione, cercano di promuovere un cambiamento culturale in cui la tecnologia è solo uno dei mezzi per ottenere il risultato. Wired dovrà andare a scoprire le storie di quell’Italia fatta di piccole imprese o centri di ricerca d’eccellenza, sparsi in tutto il territorio, che spesso non hanno nulla da invidiare alla famosa Silicon Valley e che raramente raggiungono la ribalta dei grandi media.
“Wired sarà come una casa di vetro” – continua Riccardo – “in cui tutti potranno osservare il processo di costruzione delle storie che verranno raccontate e, se lo vorranno, potranno contribuire con commenti e feedback”.
ne ho appena scritto io, se ti interessa. http://www.minimarketing.it/2008/11/wired.html
Certo che se partono parlando di rotative, siamo a posto! I mensili si stampano in off set. Un editore (pure non di Wired) questi dettagli tecnici dovrebbe conoscerli. Vorrei proprio sapere chi ha scritto quel testo di lancio: se è in redazione, compriamo pure Nova, che quella sì è stampata con le rotative.
ahah il commento con le rotative l’ho scritto io, non ? un comunicato stampa, era metaforico, non so nulla di tecnicismi tipografici :)