Gabriele Ferraris su Lastampa.it
Un’estate di lacrime e sangue. Escludete le superstar da 70 mila spettatori a concerto (ma quante ce ne sono?) e guardate alla normalità delle centinaia di tour che, come ogni anno, si sono accavallati, inseguiti, sovrapposti su e giù per l’Italia. Nobili cantautori e rockettari cattivi, eteree chanteuses e tosti rapper hanno condiviso un destino di delusioni, per loro e per chi ne ha organizzato i concerti. Gli spettatori – e di conseguenza gli incassi – sono stati, in gran maggioranza, inferiori a quanto logica e orgoglio personale autorizzavano a sperare.
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L’offerta è eccessiva: le tournée si moltiplicano, anche perché oggi il live è quasi l’unica fonte di reddito per i musicisti, che dai dischi non guadagnano più niente, perché nessuno li compra. Il cd viene considerato ormai soltanto uno strumento di promozione per i concerti: dai quali concerti dovrebbero arrivare i soldi veri. Filosofia tanto affermata da indurre le grandi case discografiche superstiti a entrare con forza nel mercato della musica dal vivo, acquisendo, o progettando di acquisire, le maggiori agenzie di management.
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Morale: ragazzi, se sognate di fare i musicisti rock, o gli organizzatori di concerti rock, toglietevelo dalla testa. A meno che papà non sia ricco. Ma tanto, tanto ricco.