I giornali non sono la loro carta. Ma non è detto che ci sia bisogno di persone che lavorino esclusivamente come giornalisti. Anzi.
Che fare? Per la mia generazione (discalimer: sono un giornalista professionista, vivo con questo lavoro, meno di trent’anni) si tratta di scegliere e di inventare nuove strade. L'”assunzione”, il “posto fisso” è una questione che riguarda pochi. Per molti si tratta di creare alternative. Alcune cose che mi sembrano importanti.
– il giornalismo come bene pubblico: il giornalismo aiuta la democrazia. Permette il pluralismo. Consente alle voci di esprimersi. Difendere il giornalismo ( e le condizioni necessarie per farlo) non è una questione di categoria, ma una questione che riguarda principi fondamentali. Beppe Grillo ha fatto bene a denunciare i contirbuti pubblici all’editoria. Altri hanno fatto male a non spiegare perché è importante la sopravvivenza di più giornali. E si sono arroccati nella casta.
– giornalismo e tempo: se il tempo è la risorsa scarsa del XXI secolo, i giornalisti dedicano il loro tempo ai lettori per aiutarli a orientarsi nel mondo. Fanno risparmiare tempo e (se sono bravi) aiutano a viverlo meglio, più consapevolmente. Non mi semra poco.
– giornalismo e lavoro: per la mia generazione è fondamentale puntare sull’arricchimento professionale e (se possibile) umano. Perché non è detto che chi ora fa questo lavoro, lo farà (per) sempre.Sviluppare alternative e capacità da utilizzare in altri contesti: la conoscenza dell’inglese, saperi specialistici, contatti esterni all’ “ambiente”…gli editori potrebbero tenerne conto, è un investimento che vantaggioso anche per loro. Le “macchine umane” non convengono molto nell’epoca dell’economia della conoscenza…
– giornalismo e qualità della vita: se, come sembra, la flessibilità lavorativa non sarà affatto momentanea, occorre sviluppare un sistema per la tutela sanitaria e assicurativa di chi lavora come precario. E se le previsioni degli analisti si avvereranno, i prossimi mesi qui in Italia saranno duri. Ogni crisi resta un’opportunità. Ma tocca a noi, non a altri, fare qualcosa.