L’ultra prestigioso Marco Formento pone le sue giuste considerazioni sui temi del giornalismo digitale e come Vittorio Zambardino allarga il problema in essere
Tutto inizia dal bel post di Vittorio Della dignità del giornalismo digitale dove -mi pare- tratta della disparità di status tra giornalisti e giornalisti online, auspicando che tale differenza scompaia. In particolare Vittorio parla della mancanza di risorse con cui le redazioni online devono fare i conti, essendo in generale (molto in generale) composte dal corrispettivo del 5% della redazione ‘tradizionale’. Come fare giornalismo di qualità con tali esigue risorse, sembra essere uno degli interrogativi forti del post.
Risponde Vittorio Zambardino con un post pieno di acume, Caro Vittorio, il giornalismo online non esiste, e pure il giornalismo non sta poi così’ bene, ‘debitore’ anche delle riflessioni di Mario Tedeschini che Vittorio cita.
Ora, da qualsiasi punto di vista lo vediamo, il fatturato generato da un quotidiano online è risibile rispetto a quello generato da un quotidiano di carta, in relazione all’audience considerata. Con buona pace per chi esulta rispetto alla pubblicità online che sì cresce, ma si mantiene a livelli di fatturato generato per utente decisamente omeopatici. Tradotto: con un quotidiano online si trasformano gli euro in centesimi, o peggio.
Ah, dimenticavo;) nel contempo i quotidiani online non si vendono, si regalano (e così bye bye ad un buon 40-50% di fatturato). Insomma è l’ARPU baby che sembra uccidere nella culla nuova pratiche di informazione, che nessuno -dentro i giornali- ama davvero, peraltro.Ma non solo. Se i quotidiani si sono sviluppati dalla fine del Settecento in questa loro forma tonica, per dire così, dal punto di vista della creazione del valore, è perché sono stati capaci di parlare alla società che li generava. Ora stanno finendo la corsa, e il problema non è se a finire sia la versione su carta o quella online. Il problema è capire se c’è spazio tout-court nella nostra società per oggetti che abbiano una forma-quotidiano, saldati nel loro rapporto tra le parole e le cose. In atomi o no.
Nella conversazione in atto tendo a pensare, insomma, non tanto che i pensieri di Vittorio (Pasteris) non siano condivisibili -anzi è tutto vero- ma che piuttosto il problema sia di una diversa magnitudo, sistemico. E credo anche io con Vittorio (Zambardino) e Mario che nessuno, ma proprio nessuno, all’interno di questa industry si stia ponendo il problema con la necessaria radicalità.