Mariti porno dipendenti

Andrea Rossi Su Lastampa.it

In America la chiamano «XXX Generation». In Italia, pornodipendenti. C’è chi dice che dietro questo nome si nasconda una nuova patologia, fatta di ore trascorse davanti a uno schermo, gli occhi che si muovono compulsivi da un sito all’altro. Alla ricerca di sesso? No, di immagini.

La vittoria dell’etere sulla carne è fatta anche di numeri. E soldi. Cesare Guerreschi, un medico che lavora sui maniaci da sesso virtuale da quasi vent’anni, stima che il sei per cento della popolazione adulta soffra di pornodipendenza. In una città come Torino significa quasi 50 mila persone. Per non parlare degli altri, quelli che alimentano il mercato della pornografia che, solo in città, si stima macini oltre venti milioni di euro l’anno. Ed è una stima al netto ribasso. Perché – e la pornodipendenza è una delle dimostrazioni più lampanti – la rete ha truccato i conti. Tanto è vero che secondo Vincenzo Punzi, fondatore dell’associazione «No alla pornodipendenza», quelle cifre vanno prese con le pinze: «Internet è uno straordinario veicolo di contenuti gratuiti. Per questa ragione le dimensioni reali del fenomeno ci sfuggono».

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