Dopo l’enciclopedia, la geografia. Il metodo di Open street map è lo stesso di Wikipedia, l’obiettivo pure, condividere un sapere a cui tutti contribuiscono e che tutti riguarda. Che non può obbedire sempre e solo alle dure leggi del copyright. Anche nel caso delle cartografie.
A differenza di quanto accade negli Stati Uniti, dove una norma stabilisce che ogni dato raccolto da un ente pubblico, con soldi pubblici, deve essere pubblico, in Europa i dati geografici sono protetti, e non modificabili. Anche quelli prodotti da enti e agenzie nazionali.
Quindi se cicloturisti, camperisti, psicogeografi situazionisti, archeologi o ambientalisti, ma anche scuole e università, o gli stessi enti, vogliono avere mappe che rispondano alle proprie particolarissime esigenze, o se le comprano, o se le fanno da soli. «Se hai una pizzeria e vuoi farti un volantino per la pubblicità, o ti disegni la mappa da solo, o commetti un reato penale», è un esempio estremo ma plausibile di Edoardo Marascalchi, il più attivo partecipante della sezione italiana di Open street map. Nel sito (www.openstreetmap.org) sono ancora più espliciti: «Mandare una mappa a un amico, inserirla in un forum o metterla in un invito sono cose meno legali di quanto si pensi».