Chiude PCWeek. La deriva digitale editoriale paradossalmente uccide prima chi la ha da sempre evidenziata.
Il problema nasce dal mercato pubblicitario dei periodici business-to-business, e in particolare di quelli del settore Ict, segmento che non si è più ripreso dopo l’euforia degli anni ’90 e la successiva caduta del 2001-2002. Diverse testate d’informatica hanno già chiuso e probabilmente altre seguiranno. I nostri stessi concorrenti diretti – pur pubblicati da editori specializzati nel settore e seguiti da concessionarie altrettanto specializzate – escono da tempo con foliazioni ridotte all’osso, tirature in calo e accorpamenti di numeri che tendono a trasformare la periodicità da settimanale a quindicinale.
Si arriva però a un punto in cui le alchimie non bastano più e i ricavi non arrivano nemmeno lontanamente a coprire i costi, anche se compressi all’osso. L’alternativa estrema sarebbe far scadere la qualità del prodotto, trasformandolo in una sorta di bollettino fatto di comunicati stampa o poco più (o peggio, in un megafono al soldo degli inserzionisti, disposto a navigare in quell’area grigia fatta di “redazionali” e di favori fatti a chi di volta in volta è disposto a pagare quattro lire). Per noi è una scelta inaccettabile. Di qui la decisione di salvare la dignità, accettando la dura legge del mercato che mette in difficoltà non solo noi, ma l’intero settore.