All’imbocco del ponte Umberto I, all’inizio di corso Vittorio, oggi il clown che fa il giocoliere per gli automobilisti al semaforo non c’è. Ci sono sei lavavetri. Non chiedono soldi. Spazzolano gratis i lunotti delle auto, in cambio chiedono solo un po’ d’attenzione. Uomini e donne sandwich insaponano e distribuiscono volantini, al collo portano appesi cartelli che raccontano di un mondo in disfacimento: «Pericolo chiusura corsi». «La riforma è una follia». «Senza ricercatori studenti fuori».
Pochi metri più in là, ai giardini di piazza Cavour, la professoressa Livia Colle, ricercatrice alla facoltà di Psicologia si è portata appresso tre assistenti, una cinquantina di studenti, due tavolini, un po’ di sedie e sta cominciando a interrogare: l’esame di Psicologia della comunicazione oggi si svolge all’ombra degli alberi, e nessuno che si lamenti.
Hanno fatto l’appello in via Sant’Ottavio, poi si sono spostati ai giardini, dove i ragazzi del Collettivo avevano preparato il banchetto per gli esami. «Noi studenti siamo con i ricercatori», racconta Stefano Berta, studente del corso specialistico in Scienze della mente. «Qui si rischia di non far partire i corsi a settembre, nonostante da due anni docenti e precari facciano di tutto, compreso insegnare più ore del dovuto o a gratis, pur di non far affondare la nave».L’università si è svegliata in subbuglio. Lezioni cancellate, ricercatori in sciopero, esami per strada, cortei, giovani stesi per terra a bloccare il traffico, pranzi nel mezzo dell’ateneo per raccontare che di questo passo non c’è futuro. Si chiude tutto. Per ora si chiude solo per questa settimana. A Grugliasco gli studenti di Agraria e Veterinaria hanno montato le tende già lunedì pomeriggio. Da ieri quasi tutti i ricercatori dell’Università sono in sciopero: due cortei – uno da Palazzo Nuovo, l’altro dal polo scientifico di via Giuria – hanno sfilato verso il rettorato di via Po, che è stato occupato da oltre mille tra studenti, ricercatori e tecnici.
Cortile invaso, striscioni appesi alle balconate: «Non toglieteci il futuro, lasciateci la ricerca». A sera hanno montato le tende e hanno trascorso la notte sotto la statua di Minerva. «Chiediamo un’università pubblica, senza privati nei cda, con finanziamenti adeguati, che sia al centro dell’agenda della politica», dice Luca Spadon degli Studenti indipendenti. «Il rettore Pelizzetti e il ministro Gelmini possono permettersi di ignorare questo segnale: tra chi parla di Università e chi la vive si è aperto un divario incolmabile»
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