Si è aperta una nuova discussione sui temi dell’informazione on-line a partire da una felice sintesi per punti di Luca de Biase, già annotata da Marco Formento e (il giornalaio) Pier Luca Santoro. e probabilmente fra poco da altri. Il bloggante titolare decide di dire la sua, con particolare declinazione al mercato dell’informazione italiano
1. L’informazione di qualità ha valore e costa tempo o denaro. Il modo in cui viene pagata contribuisce a qualificarla: può pagarla il pubblico che compra un prodotto editoriale, la pubblicità che compra l’attenzione del pubblico, una comunità di sottoscrittori o uno stato che la finanzia.
L’informazione è un bene particolare, ma è un bene suscettibile a quelle che sono le leggi del mercato legate a domanda ed offerta, e alla distribuzione. L’evoluzione storica dei media e dei prodotti editoriali aveva staticizzato il concetto editoriale di infornazione in un oggetto cartaceo distribuito in media quotidianamente detto giornale. Il giornale veniva distribuito attraverso dei canali distributivi rigidi e soggetti a parcellizzazione. Poi è arrivata la rete che ha demolito e ricostruito dal nulla canali distributivi, ha allargato enormemente l’offerta di informazione, ha distrutto la scala dei tempi portando tutta l’informazione al tempo reale (TV, radio, Internet) e relegando la carta stampata all’approfondimento.
Il sistema distributivo fisico italiano, molto “viscoso” è ancora un’ancora di salvezza per il futuro degli editori cartacei. D’altra parte nessuno ha cercato ad oggi di mutarlo, evidemente sta bene così come è a editori, distributori e punti vendita. E’ come il rapporto fra concessionarie e case di produzione automobilistiche, spesso criticato, ma mai modificato seriamente.
Ma che succederà domani: ovvero quale sarà il futuro delle edicole. Un punto vendita multiuso … senza più troppi quotidiani e con molti magazine ?
Un altro quesito amletico. Quanti lettori, utenti, navigatori hanno bisogno di informazione e quanti di approfondimento ? Sulla rete ad oggi si trova molta informazione, fatta molto bene. Non molta di origine giornalistica tradizionale, che piaccia o meno. L’informazione del futuro è uno strumento dinamico che sfrutta tutte le risorse disponibili in osservanza delle leggi vigenti.
L’approfodimento costerà di più, ma è merce per un pubblico meno vasto e molto più differenziato. Una cosa da mercati verticali e da forte contributo interattivo da parte dei lettori o navigatori. Peccato che troppi giornalisti tradizionali siano abituati a fare molti commenti e poche notizie. Troppi editoriali e troppa ricerca del bello scrivere ad effetto invece che poco racconto vero dei fatti, spesse volte assenti ingiustificati.
2. L’ambiente che crea le condizioni per generare un prodotto editoriale davvero bellissimo è essenzialmente costruito da: a) editori che investono in ricerca, che amano la tecnologia e la capiscono, che corrono alla velocità della tecnologia, che inventano i modelli di business giusti; b) da giornalisti, autori, designer, grafici, che colgono le possibilità offerte dalla tecnologia e le interpretano bene;
L’obiettivo prospettico proposto da Luca De Biase è sostanzialmente perfetto. Ma nell’editoria italiana negli ultimi anni e ancor peggio negli anni precedenti la parola innovazione è stata praticamente ignorata. Se lo stesso fosse successo nel settore della telefonia avremmo ancora i telefoni grigi con il rotellone centrale con suoni gracchianti. Si è investito nell’innovazione di processo finalizzata prevalentemente alla riduzione dei costi, ma il migliorare l’efficienza è spesso una chimera. La ricerca e l’innovazione di prodotto sono veramente modeste.
Anzi il terrore degli editori e’ quello di rinnovare il prodotto, spiazzando i lettori e inducendoli a fuggire. Lo spauracchio degli editori è di cambiare, senza considerare che la ricerca costa e richiede apertura intellettuale e concettuale presente in pochi di questi che per anni hanno pensato che si potesse salvare il salvabile inserendo in panino giornali videocassette, poi giornali e dvd. Ora che proporranno ? Giornali a panino con ipod o tablet con dentro giornali, libri musica e film digitali ?
I media digitali permettono una non comune possibilità di personalizzare il prodotto editoriale. Ma pare che questa potenzialità sia stata poco perseguita nel passato e nel presente. Pensare che Iphone, tablet pc, ebook reader e altro aumentino i ricavi digitali per bilanciare le defaillances dei prodotti editoriali tradizionali (leggi i giornali di carta) erogando dei prodotti editoriali clone sui nuovi device è una pura utopia economica con cui gli editori si scontreranno fra qualche settimana dopo le prime emozioni autoerotiche. Possono servire come operazioni di marketing, ma è un’altra storia.
Un sistema dei media italiano ragionevolmente “piombato” con grandi barriere all’accesso economico – politiche – strutturali ha sostanzialmente demotivato imprenditori esteri a entrare in Italia per evitare di “farsi del male”. Ma sarà sempre così ?
3. La tecnologia è contemporaneamente una continua corsa al rialzo e alla popolarizzazione: non ci sono barriere all’entrata che durano per sempre; e la qualità, come la partecipazione del pubblico (anche attraverso il pagamento), si mantiene soltanto investendo continuamente nella qualità dei contenuti e nella tecnologia che li supporta.
La tecnologia, per lo meno per chi la sa usare, è una utility. Molti pensano che per cercare nuove strade per il futuro occorra “pompare” molta tecnologia. Certo ci vuole. Ma con giudizio. Per superare la china è più importante cambiare il modo di fare informazione, aumentare la trasparenza della sua produzione, fare in modo che i giornalisti, o in generale i produttori dell’informazione si aprano al mondo e alla rete, piuttosto che vivere in torri d’avorio da cui guardano il mondo con non banale distacco il resto del vivere.
Poi per favore la si pianti di sbandierare studi per cui i giornali tradizionali sono la fonte della maggior parte dell’informazione anche on-line. Basta pensare quelle che sono le risorse investite per capire che il dato ad oggi non potrebbe essere diverso. Ci si consenta una auto citazione di oramai tempo fa. Ma domani sarà già diverso.
La pubblicità resta ancora la voce di ricavo più sensata e il modello di business più probabile. Oggi e domani. Chi ha idee migliori si faccia avanti.
Il futuro dell’editoria e del giornalismo si giocherà sempre più in “campo aperto” con pregi e difetti assortiti di questa peculiarità. Chi è disposto a farlo bene. Gli altri editori ci pensino, prima che sia per loro tardi. Possono sempre vendere le loro imprese, finchè sono in tempo.
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Giuseppe
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